Le Rocche e i Castelli

CASTELLO DI ARCETO
Il Castello di Arceto si erge nell’omonima frazione del paese di Scandiano e rappresenta un ottimo esempio di castello medievale del X secolo, in cui risultano ancora leggibili, nonostante i numerosi rimaneggiamenti, le tracce del fossato e delle mura, del ponte levatoio, del rivellino e della torre pusterla. Il Castello, inoltre, è uno dei pochi esempi rimasti nel territorio emiliano di Rocca di pianura sorta su di un terrapieno ricavato con terra proveniente dalla escavazione di un fossato di forma ellittica. Nella sua corte interna, che è una sorta di borgo medievale ancora ben conservato, spicca l’oratorio dedicato a San Rocco, costruito nel 1570 dai marchesi Thiene, e la Rocca vera e propria, cuore della difesa militare del castello.  In particolare è da segnalare, all’interno del Castello, lo scalone monumentale costruito dai marchesi De Mari nel 1750. Oggi il comune di Scandiano, che ne è proprietario, utilizza l’elegante salone centrale per celebrare matrimoni civili. Gli ambienti pubblici del Castello sono inoltre utilizzati frequentemente anche come sede espositiva di mostre fotografiche e di pittura. Da circa due anni il Castello di Arceto (insieme alla vicina Rocca di Scandiano) fa parte dei Castelli Matildici e delle Corti Reggiane.  L’antica scuderia e cantina del Castello di Arceto accoglie al proprio interno dal 1994 un ristorante, pronto ad accogliere il turista in visita alla Rocca in una sala dal sapore rustico ma dai toni raffinati.

CASTELLO DI BIANELLO
Il castello di Bianello sorge nella pedecollinare reggiana, nel comune di Quattro Castella. È l’unica fortificazione reggiana che mantiene gli originari 4 torrioni risalenti già all’VIII secolo. Tra i quattro castelli che dominavano i rispettivi colli della zona, Bianello è il solo che mantenga ancora anche una struttura edilizia ben conservata, merito della sua posizione centrale che permetteva una più facile difesa, della buona rete di vie di comunicazione e della disponibilità di acqua di cui disponeva (vicinanza di numerose sorgenti). Attraverso la lettura critica dei paramenti murari esterni e all’analisi della tessitura strutturale è possibile ripercorrere, con sufficiente attendibilità, la cronologia costruttiva del castello. Il primo manufatto è la torre maestra (o mastio), protetto da una cinta presumibilmente quadrata di cui occupava l’angolo nord-est. Dopo il crollo avvenuto nel 1285, come attesta la Chronica di Salimbene de Adam, la torre è stata ricostruita con l’inserimento di una scaletta a chiocciola centrica in pietra a sostituzione di quelle lignee che originariamente collegavano i diversi livelli. Il perimetro dell’iniziale cinta quadrilatera ha suggerito l’allineamento dei primi corpi di fabbrica, a sud e a nord, che si sono andati man a mano edificando all’interno del mastio, lasciandone scoperto solo il lato di ponente. Il libero svolgimento delle più ampie cortine medioevali ha condizionato la giacitura dei manufatti successivi in una progressiva involuzione strutturale del castello. Sul lato nord, che fa angolo in mezzeria, sono chiaramente identificabili quattro interventi. Più antica è la fascia centrale, che conserva ancora impronte di finestre a bifora e che si allineava al mastio sul fronte di ponente (dove è tutt’ora il portale archiacuto in grossi conci lapidei). Dal portale si accede a un lungo camminamento dalla pavimentazione in mattoni a spina di pesce e per l’orditura lignea del soffitto. Esso conduce all’ala d’angolo di esecuzione appena successiva, che conserva pure tracce di bifore, impostate a quota differente. L’ala di ponente è decisamente quella più tarda e realizzata, a sua volta, in due tempi diversi. Nella fascia sud-orientale del castello, a un livello inferiore parzialmente interrato nella roccia, sono stati ricavati altri ambienti. La copertura a padiglione con unghie perimetrali, l’ariosa spazialità e la calibrata proporzione ne attestano un’esecuzione tardo quattrocentesca, probabilmente concomitante al potenziamento della cinta difensiva. Gli ambienti di maggior pregio artistico sono quelli realizzati nel 1644 da Gaetano da Canossa, il quale fece anche affrescare numerose stanze da Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi. Gli affreschi si trovano in sette stanze. Tra gli ambienti di maggior pregio si segnala la piccola cappella ricavata nel vano della torre con raffinate pitture e arredi sacri. Dallo scalone neobarocco si accede al piano nobile, sul quale si apre l’appartamento con stanze affrescate, sale da ballo e ricevimento. Nella stanza che fu camera da letto della Contessa si può ancora ammirare un dipinto che rappresenta la famosa Matilde da Canossa che tiene in mano il fiore del melograno, simbolo della chiesa. Il dipinto è opera ottocentesca del pittore reggiano Ugolini. Il castello è oggi di proprietà del Comune, che al suo interno offre intrattenimento e laboratori a gruppi di bambini e ragazzi (da 1 a 15 anni) o ad intere scolaresche. Ogni anno inoltre, a primavera inoltrata, nel paese si rievoca un’importante episodio medievale: il “Corteo Storico Matildico di Quattro Castella” che vive nell’incoronazione di Matilde il suo momento topico e che impegna centinaia di comparse in costumi medievali oltre che richiamare migliaia di spettatori. 

CASTELLO DI CANOSSA
I ruderi del Castello di Canossa, che sorgono su un’aspra rupe a ridosso dell’abitato di Canossa, tra il torrente Crostolo ed il fiume Enza, dominano con ampia vista il paesaggio delle valli sottostanti. Il sasso di Canossa, dal punto di vista geologico, è costituito da calcare oligocenico, e si eleva a 576 metri sul livello del mare. La rocca è stata fonte d’ispirazione di narratori e poeti. Ludovico Ariosto, che vi soggiornò, nell’Orlando Furioso descrisse la rupe su cui immaginava sorgesse la rocca incantata di Atlante. Naborre Campanini sosteneva che “la superficie della vetta misura nella massima lunghezza 80 metri e 30 nella larghezza media: il perimetro non supera i 1200 e tutta l’area è stata calcolata poco più di duemila metri quadrati; minore di oltre un terzo dell’antica per le frane periferiche che massime da mattino, da mezzogiorno e da ponente, hanno divorato la rupe”. L’area occupata dal complesso era, comunque, “comoda e sufficiente a un grande castello” specie in considerazione del fatto che “Canossa fu una fortezza, non un palagio signoresco creato per gli agi di una vita queta all’agio. La stessa Matilde vi dimorò solo a brevi intervalli e ne’ pericoli; mentre comunemente soggiornò alle Carpineti, nel castello fabbricato da lei, dove tenne l’ordinaria sua corte”. Lungo l’Appennino Reggiano, tra i corsi dell’Enza e del Secchia, numerose strutture fortificate si allineano secondo direttrici preordinate, che raggiungono, parallelamente, a diverse quote altimetriche, il confine della Tuscia. 

CASTELLO DI CARPINETI
Il Castello di Carpineti svetta nella parte alta della Provincia di Reggio Emilia, ammirabile sia percorrendo il fondovalle del Secchia che quello del Tresinaro. Nonostante i secoli il mastio è ancora pressoché integro e si innalza su uno degli sproni rocciosi del crinale Fosola Valestra del monte Antognano. La rocca venne collocata strategicamente in questa posizione, con funzione prettamente difensiva. Il Castello venne realizzato sotto il dominio di Atto Adalberto, bisnonno di Matilde di Canossa. Nonostante la rovina e l’abbandono a cui il Castello è stato sottoposto negli ultimi due secoli, è ancora possibile leggere ancora buona parte delle strutture originali e difensive dei suoi edifici. La struttura del complesso è riferibile a quella di un “castello-recinto” con una cinta a pianta irregolare prossima ad un trapezio. All’estremità del lato corto meridionale si trova un piccolo ambiente absidato che si configura come un torrione rotondo attraverso il quale si entrava nel castello. All’interno emerge una torre isolata a pianta quadrata, costituita da masselli di pietra ben squadrati. Le finestre con arco a pieno centro, poste sulle fronti meridionali e occidentali, insieme a quella sul prospetto settentrionale, fanno propendere per una datazione non posteriore al XIII secolo. Gli apparati difensivi murari del primo cerchio di mura racchiudono la chiesa di S. Andrea e il cimitero cinquecentesco; più internamente il Castello possiede una seconda cinta muraria con descrizione delle strutture difensive, che racchiude il cortile interno con una cappella dedicata a S. Maria Annunciata, il palatium, la cisterna e il mastio. Del castello oggi rimangono poderosi ruderi dominati dalla torre quadrangolare diroccata alla sommità. L’intera struttura è stata restaurata dal 1990 ai primi mesi del 1999. Il castello di Carpineti è situato su un importante crocevia di sentieri escursionistici: il sentiero Spallanzani e il sentiero Matilde. 

CASTELLO DI MONTECCHIO
Le prime fonti risalgono al XI secolo. Ne abbiamo riconferma scritta da documenti autografi di Matilde di Canossa, datati 1114. Precedentemente però si hanno tracce di insediamenti preesistenti risalenti ad epoca barbarica e romana. Posizionato esattamente al centro della valle, aveva dunque una posizione strategica, soprattutto con funzione di avvistamento, trattandosi della prima struttura difensiva che si incontrava avendo accesso al territorio dei Canossa. Nei secoli successivi fu assediato più volte e conteso dal ducato di Parma. Ricordiamo tra gli assedianti di maggiore fama Azzo d’Este e Gilberto da Correggio. Passò sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, tornando, nel 1246, agli Estensi che vi costituirono un loro feudo privilegiato. Verso la fine del XV secolo fu occupato da Guido Torelli che fortificò la Rocca. Rimase sotto il dominio degli Estensi fino alla fine del 1700, con l’avvento della repubblica reggiana e poi fino alla Costituzione del Regno d’Italia.  Non venne più rimaneggiato dopo il periodo tardo medievale e la struttura ha tutt’oggi le caratteristiche del periodo Vennero effettuati sì dei rimaneggiamenti interni ad opera degli Este (ramo cadetto degli estensi da Montecchio) Il Castello di Montecchio Emilia aveva un primo fossato di difesa che correva tutt’intorno al perimetro. Gli Este decisero di chiuderle a metà XVII secolo. Entrando, si accede al Cortile della Rocchetta, che, originariamente, era a cielo aperto; Fu solo nel dopoguerra che venne inserita una copertura per sfruttare l’area per attività sociali. Sono visitabili i sotterranei, le sale al primo e al secondo piano. Tra queste, ricordiamo in particolare la sala del Bargello (chiamata così perché inizialmente occupata dal comandante delle guardie). Successivamente fu utilizzata dal principe Luigi d’Este. All’interno si trovava un camino di pregevole fattura (ora ai Civici Musei di Reggio Emilia) riportante lo stemma dei Visconti. 

CASTELLO DI ROSSENA
Il profilo della fortezza di Rossena, impiantata su un rossastro colle vulcanico (dal quale trae il proprio nome), costituisce uno degli scorci paesaggistici più suggestivi di tutta l’area matildica. A differenza di altri castelli che nel tempo si sono trasformati in residenze signorili, Rossena ha conservato il suo impianto originario di macchina da guerra posta a difesa del castello di Canossa: la sua funzione era infatti quella di fermare eventuali aggressioni nemiche provenienti da ponente, dalla valle dell’Enza. Il vasto complesso di rocce vulcaniche sul quale si erge la rocca è costituito da lave basaltiche, eruttate in ambiente sottomarino oltre cento milioni di anni fa, e dalla caratteristica struttura “a cuscinetto”. Proprio la durezza e la resistenza della roccia, insieme agli eventi storici favorevoli, hanno consentito al Castello di Rossena di giungere pressoché intatto ai giorni nostri. Il castello, presumibilmente eretto nel 950, all’inizio era costituito da un mastio isolato, la cui struttura (ora ribassata) è ancora leggibile al centro della costruzione principale. Per visitarlo occorre risalire a piedi la carrareccia che fiancheggia la rupe. Si passa sotto ai due possenti bastioni e si accede al borgo interno, che comprende anche l’antica Chiesa di San Matteo. Le possenti mura fortificate proteggono tutt’oggi l’accesso al Castello, com’era in passato: muri alti e minacciosi, un’unica entrata ben difesa con caditoie, grate calanti comandate dall’interno e uno spesso portone fortificato. All’interno della rocca, è possibile visitare la cappella interna nella quale è ben visibile l’area della parete di fondo, completamente circondata da affreschi, a cui era addossato un altare per le funzioni religiose. Il mastio, stanza centrale del complesso di Rossena, che la storia ci tramanda come l’antica torre, è il nucleo di ciò che vi si sviluppò attorno. È caratterizzato una forma massiccia, spesse mura e aperture piccole e sottili. Proprio all’interno dello spessore del muro, è stata scavata, già in epoca matildica, un’angusta e ripidissima scala segreta, unico modo per accedere dal piano nobile a quelli superiori. Contiene il camino più grande ed elegante dell’intero castello, decorato nel XVIII secolo; reca ancora ben visibili due stemmi nobiliari, raffiguranti con ogni probabilità il leone rampante, simbolo della famiglia Da Correggio che fu proprietaria di Rossena quasi ininterrottamente dalla fine del XIII secolo al 1612. Sempre all’interno del mastio è visibile inoltre la cosiddetta “sala delle virtù” dove sono stati recentemente rinvenuti interessanti affreschi, risalenti al XVIII secolo. In particolare sono facilmente riconoscibili le tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) raffigurate nelle lunette centrali delle tre pareti interne. Nel castello è inoltre possibile passeggiare per l’ampia “piazza d’Armi”, una terrazza con iniziali funzioni di controllo sulla regione circostante e dalla quale si gode del magnifico panorama a tutto tondo. Attorno corrono i camminamenti di guardia, ricavati all’interno delle mura, da cui le sentinelle potevano scorgere il nemico in arrivo e prepararsi a combattere per proteggere il castello. Di proprietà della Diocesi reggiana, Rossena ha subito un profondo restauro in occasione del Giubileo del 2000 che ne ha permesso il recupero per usi ricettivi. Oggi ospita infatti un ostello da 50 posti letto. E’ interamente visitabile (a pagamento). Di fronte a Rossena si staglia la torre segnaletica di Rossenella, raggiungibile tramite un facile sentiero e anch’essa visitabile su richiesta. I colli vulcanici su cui sorgono il castello e la torre fanno parte della Riserva Naturale Integrata della Rupe di Campotrera, istituita con legge regionale. 

CASTELLO DI SARZANO
Sarzano era uno dei centri più importanti del sistema difensivo matildico e occupa un punto mediano della seconda linea – quella mediocollinare – comprendente Canossa, Rossena, Paullo, Carpineti e Baiso. Dalla cella campanaria della torre (oggi purtroppo inaccessibile), sono visibili i castelli di Baiso, delle Carpinete, di Leguigno, di Rossena e infine di Canossa: in questa visibilità risiedeva la valenza strategica di Sarzano nello scacchiere matildico. Oggi il complesso di Sarzano è formato dal Castello vero e proprio, che occupa la sommità del colle, e dal borgo di nord-est, che annovera la ex chiesa di San Bartolomeo con la sua canonica (oggi ostello e bar), una casa mezzadrile (l’attuale locanda) e un fienile (il ristorante). Originariamente la struttura del Castello era invece organizzata all’interno in tre cerchia di mura. Quella inferiore (il cui perimetro è ripreso dall’anello stradale) aveva tre porte d’accesso e comprendeva la chiesa e un’abitazione civile. Le due superiori erano concentriche: quella mediana conchiudeva un piazzale a recinto a uso ricettivo e a difesa degli abitanti (delimitato interamente da un fossato con ponte levatoio) e un cortile interno con il bastione merlato e i manufatti abitativi; la cortina superiore delimitava invece un cortile con la torre difensiva più alta. L’impianto attuale, con doppia cinta di mura (in buona parte sepolte), cortile, mastio e torre quadrata, risale al XV secolo, al tempo del Marchese Nicolò III d’Este. Il “Torrazzo” costituisce l’elemento più interessante del complesso del Castello. Nel corso della storia, la sua rilevanza planivolumetrica ne favorì anche l’uso residenziale. Il Mastio, che costituisce la parte architettonica più caratteristica, è stato recentemente restaurato. Con il suo recupero il complesso di Sarzano ha riacquistato un suggestivo ambiente e una terrazza panoramica sulle Terre di Matilde: dal belvedere si può ammirare il panorama che per generazioni la signoria sarzanese ha osservato quotidianamente, per difendere il territorio e le sue plebi. All’interno del borgo, è particolarmente caratteristica la già citata chiesa di san Bartomoleo, semplice navata unica con abside rettangolare e due cappelle laterali. Si notano le cinque cripte (ora vuote), l’altare paleocristiano in pietre squadrate emerso durante i lavori di restauro nella zona absidale e le tracce di un affresco decorativo del Cinque-Seicento sulle pareti dell’abside. Apprezzabile inoltre la cantoria settecentesca. La Chiesa oggi si configura quale suggestivo contenitore per eventi culturali, mostre, convegni e concerti. Anche la canonica adiacente alla Chiesa è stata recuperata come ostello (contenente 10 posti letto) e bar. Il lavoro è stato compiuto come stralcio collegato al recupero della ex chiesa e consegnato con essa. Nel 1997 è stato inoltre effettuato il completo recupero del fienile del Castello e la sua trasformazione in ristorante, e l’adattamento dell’antica casa mezzadrile in un’accogliente e tipica locanda, capace di 12 posti letto. 

ROCCA DI CASTELLARANO
Castellarano è un piccolo comune dell’Emilia Romagna, interessante soprattutto per il suo castello, costruito per volontà di Matilde di Canossa. È stato distrutto e ricostruito molte volte nell’arco dei secoli, ed è stato danneggiato dal terremoto del 2013, quando uno spigolo si è staccato ed è caduto. È circondato da un parco, l’Aia del Mandorlo, e da un fossato. Il borgo sviluppatosi attorno alla rocca è molto pittoresco, con tante piccole vie arroccate attorno al centro in pietra. Ideale per chi vuole passeggiare in un luogo incantevole che sembra essersi fermato nel passato e fare escursioni nei dintorni. L’insediamento originale risale ad epoca preistorica anche se l’abitato (citato anticamente come Castello Oleriano, per via degli ulivi che in parte si conservano ancora) dovrebbe risalire al periodo romano. Il territorio divenne parte dei possedimenti dei Canossa solo nel 1039, quando la chiesa di Parma lo cedette al Marchese Bonifacio Canossa. La rocca fu commissionata da Matilde, erede dei possessi paterni,  poi profondamente trasformata nei secoli. Alla base del colle si trova la Rocchetta, da cui si entra nel borgo fortificato. Da qui parte un cerchio di mura che cinge la collina. Una suggestiva via acciottolata con sassi del fiume percorre l’antico paese e porta all’Aia del Mandorlo che si trova di fronte al Castello, e alla Torre dell’Orologio, un’antica torre di vedetta destinata a sorvegliare il Secchia, fiume un tempo navigabile. Di fronte al castello è situata la parrocchiale di Santa Maria Assunta, basilica di origine romanica nella cui cripta sono custoditi caratteristici capitelli e una lunetta 

CASTELLO DI CASALGRANDE
La prima costruzione risale al XIV secolo. Appartenuto alla famiglia dei Guidelli, che probabilmente furono gli stessi commissionari del progetto, divenne poi proprietà dei Fogliani, per finire, come molte altre roccaforti della zona, sotto il dominio degli Este a inizio ‘400. A differenza dei possedimenti nella valle dell’Enza però, che rimasero sotto il loro dominio fino al ‘700, dopo pochi anni, questo edificio e altri della zona, divennero parte dei territori della famiglia Boiardi, signori di Scandiano. Tra i principali avvenimenti che vedono il castello di Casalgrande protagonista, ricordiamo la strenua resistenza del 1557 contro l’assalto degli spagnoli: fu solo a causa di un tragico incidente che dovette cedere essendo rimasto senza validi mezzi di difesa. Il castello fu allora distrutto e dato alle fiamme.  Venne poi ricostruito dalla famiglia Tiene che ne fu proprietaria fino a metà del ‘600 e, dopo una serie di altri passaggi di proprietà, tornò nelle mani degli Estensi. Ad oggi, quello che rimane del castello è la corte quattrocentesca attorno cui si può visitare la residenza fortificata e le 2 torri quadrate, così come il portale di ingresso che presenta a tutt’oggi le tracce dell’esistenza del ponte levatoio 

CASTELLO DI VIANO
Non si hanno molte notizie riguardo questo edificio. Ci sono fonti certe che attestano la proprietà del Fogliani nel 1335 in quanto situato in posizione strategica rispetto ai loro possedimenti. Fu riedificato nel 1370, forse in seguito alla distruzione della struttura precedente. Resta di proprietà della famiglia Fogliani (a parte un  breve periodo sotto dominio estense) fino alla fine del ‘500 quando passa nelle mani di Pompeo Aldrovandi di Bologna e rimane ai discendenti fino all’abolizione dei feudi. Quello che rimane oggi del castello (non più di qualche tratto di mura diroccate) è frutto di un restauro compiuto del 1970 

CASTELLO DI FABBRICO
Ricevuto dagli estensi nel 1676, è sempre statodimora della famiglia Guidotti (mercanti e produttori di seta ) La struttura comprende sia parte dell’antico Castello matildico, che il primitivo borgo con il fossato di difesa, le mura e i bastioni cinquecenteschi. La parte più antica della struttura risale al XIII secolo. Prima di essere concesso alla famiglia Guidotti, faceva parte dei possedimenti del Principato dei Da Correggio che, a sua volta, era stato annesso ai territori estensi. In quel periodo l’edificio veniva utilizzato come magazzino. Una volta nelle mani della famiglia Guidotti (fondamentale per lo sviluppo economico di tutto il territorio fabbricense) subì diversi rimaneggiamenti. Il più evidente tra questi fu la costruzione della villa in cui inglobarono i resti del castello. Questa parte è stata restaurata dai discendenti e oggi alcune ampie sale del periodo tardo-medievale (Sala della Caccia, Sala dei Gigli di Francia e Sala degli Armigeri) sono destinate a ricevimenti, convegni, matrimoni. 

PALAZZO DEI PRINCIPI CORREGGIO
Edificio rinascimentale, risale al 1507 e fu commissionato da Francesca di Brandeburgo. Fiore all’occhiello del periodo di signoria dei da Correggio. Si possono notare chiare influenze di stile Ferrarese la cui corte era strettamente legata alla signoria dei Da Correggio. Il nome in realtà viene assunto dopo la morte della contessa quando il palazzo diventa sede della corte del Principe Siro da Correggio. Rimase in auge fino agli inizi dell’800. Successivamente perse il suo lustro e fu lasciato in abbandono. All’inizio del XX secolo era in condizioni gravi. Fu restaurato 2 volte nel corso degli anni, ma vide il completamento e la riapertura (come sede della biblioteca comunale solo nel 2003 a cui si aggiunsero, nel 2004 il Museo e gli archivi storici. Presenta un’architettura semplice, con la facciata in mattoni a vista finestre monofore e bifore ed un pregevole portone centrale con rifiniture e decorazioni rinascimentali. Entrando, si arriva nella corte principale, circondata da un bel colonnato di marmo. Sebbene nel cortile e al piano terra si trovino frammenti di opere romane o affreschi decorativi, le sale meglio conservate rimangono al primo piano, o piano nobile, cui si accede tramite uno scalone di marmo. Oggi, il piano terreno ospita i locali della Sala Conferenze “Arrigo Recordati” (con l’adiacente Sala dei Putti). Al primo piano si trovano le sale del Museo “Il Correggio” e della Galleria Espositiva, mentre al secondo piano sono collocati gli archivi storici cittadini (Salone degli archivi) ed i fondi antichi della biblioteca (Salone della Capriate)

 ROCCA DI NOVELLARA
Testimonianza del dominio della famiglia Gonzaga, la Rocca che si erge nel centro cittadino. Fu Guido Gonzaga a commissionare i lavori per la costruzione dell’edificio nel 1385, ma fu quasi un secolo dopo in cui la Rocca acquistò la consistenza di fortilizio. Troviamo ulteriori rimaneggiamenti agli inizi del ‘500 per trasformarla da fortezza in palazzo rinascimentale, destinato più alla vita di corte che alla difesa. Sotto la direzione di Lelio Orsi furono infatti aggiunti, fra il 1561 e il 1566, il secondo piano e la loggia. Fu cura dello stesso Orsi affrescare gli appartamenti del piano nobile, la loggia, il teatro di corte e le sale d’onore al piano terra. In diverse sale (ora occupate dal Museo Gonzaga) vi sono soffitti a cassettoni, splendidi camini in marmo di Verona e decorazioni a festoni e grottesche. Salone Gonzaga, Sala delle Aquile, sala degli specchi: è con tutti questi appellativi che si indica la Sala del Consiglio, una dele principali e che si trova nel torrione a Nord Ovest. Nel ‘500 era destinata a rappresentanza, successivamente divenne poi sala del Consiglio. La sala del Fico è particolarmente pregevole per il suo soffitto. Le decorazioni cinquecentesche con motivi allegorici e naturalistici sono state attribuite a Domenico Fedino e Giovan Battista Torbido. I sotterranei, sede del Museo della Civiltà e del Lavoro Contadino, sono temporaneamente chiusi per lavori di restauro. Sono visitabili e interessanti le celle che si trovano nella torre d’ingresso, innalzata da Alfonso II. Sulla porta sono ancora visibili le tracce del ponte levatoio. 

ROCCA DI SAN MARTINO IN RIO
Edificata intorno all’anno Mille, fu distrutta da da Federico Barbarossa nel 1167. Venne quindi ricostruita con fortificazioni più solide e fossati sotto il dominio della famiglia Roberti di Reggio Emilia. Come tante altre residenze dei dintorni, passò sotto il dominio degli Este nel ‘400 e dopo un’ulteriore distruzione intorno al alla metà del 1500,  passò nella seconda metà del 1700, ai territori dei Rango d’Aragona.
Ad oggi è possibile vedere ancora intatta una una torre quadrangolare, con merlatura ghibellina. Rimangono visibili inoltre alcuni soffitti a cassettoni decorati con dipinti ed affreschi in quelli che furono gli appartamenti del feudatario e la Cappella di S. Giovanni (una delle parti più antiche dell’edificio), su cui è ancora presente lo stemma della famiglia Roberti. Oggi il primo piano ospita la biblioteca comunale, mentre al piano terra si trova il Museo dell’Agricoltura e del Mondo Rurale. 

ROCCA DI SCANDIANO
Si tratta di un monumento che ha grande valore storico. Fu fatta edificare dalla famiglia dei Fogliani nel XII secolo, ma prende il nome dalla famiglia dei Boiardi che la abitò in pieno periodo rinascimentale tra XV e XVI secolo per quasi 150 anni. Nasce come fortificazione e lo dimostrano la cinta muraria il fossato e il ponte levatoio, ma viene poi adibita a residenza signorile con la famiglia Boiardi. Ecco quindi il motivo delle sale affrescate con scene mitologiche. Dopo il dominio dei Boiardi, la rocca passò nelle mani dei Thiene. Anche questa famiglia effettuò rimaneggiamenti che sono visibili ancora oggi, come la scala che sale al primo piano e la facciata sud. Venne quindi arricchita nei secoli successivi da elementi decorativi di gusto barocco. Ecco quindi la presenza di stili appartenenti a diverse epoche che convivono fianco a fianco: dal medievale, al rinascimentale (le stanze al piano terra degli appartamenti estensi), fino al barocco (la sala del camino che vede inoltre accenni di rococò). Uscendo dall’appartamento dopo aver attraversato il cortile interno, si arriva allo scalone, commissionato dalla famiglia thiene. A sinistra dello si trova una porta che conduce ai sotterranei del castello, sede delle vecchie prigioni. La visita della rocca inizia di solito con gli appartamenti estensi a piano terra: dalle sale cinquecentesche a quelle rimodernate nel ‘700, come, ad esempio la Sala dell’Alcova. Ogni sala ha una denominazione data da un elemento caratterizzante delle decorazioni: sala dei Gigli, del Camino, del Drappo ed infine la Sala delle Aquile, situata nel corpo della torre, dove sono raffigurati i busti di Luigi, Borso, Foresto e Rinaldo d’Este. Lo scalone monumentale, concepito inizialmente da Giovan Battista Aleotti all’inizio del 1600, ha oggi una struttura a “tenaglia” ed è successiva di qualche anno, probabilmente voluta dalla famiglia Bentivoglio. Le statue in terracotta raffigurano molto probabilmente personaggi della famiglia Thiene: raffigurano, probabilmente, Marcantonio, Ottavio I, Giulio e Ottavio II Thiene.

I Viaggi di Benedetto Morini